Copyright Renato Riva 2010
Ho scritto 2025 Blackout per regalare alle mie lettrici e ai miei lettori
qualche ora di spero piacevole e intrigante lettura, e per invitarli a
riflettere.
Nella mia evoluzione di scrittore amatoriale ho dato spazio alla passione
professionale, con Organizzare Innovare Vendere (RCS LIbri 2008) , poi
alla mia passione alpinistica, con l’Orco di Rhemes (Le Chateau 2009) e
infine, ora, alla mia passione per le tematiche energetiche e della
sostenibilita’ con 2025 Blackout.
Ho voluto trattare i temi dell’evoluzione energetica del nostro Paese non
scrivendo un saggio, ricco di numeri e casistiche, ma invitando il lettore a
vivere attimi intensi nella societa’ dell’idrogeno di Rifkin, ambientata in
una stupenda e solare Corsica, calandolo poi nelle vicissitudini di un
giovane ricercatore italiano che in California, a Stanford, si inventa una
tecnologia energetica estremanente efficace, ma che purtroppo lo mette
in difficolta’ quando tenta di importarla in Italia e infine avvolgendo il
lettore nel clima sociale della Democrazia Continuativa, la democrazia
dei sondaggi e del virtuale. Il romanzo ruota attorno a queste
vicissitudini, del ricercatore e dei suoi amici, tra Italia e California, tra la
Corsica e le montagne lombarde, tra Malta, l’Elba e la Liguria.
Qual’e’ l’Italia del 2025? E’ la progressione lineare dell’Italia degli ultimi
quindici anni. E’ il risultato della continuazione per altri quindici anni dei
trend attuali. Un paese nuclearizzato, che non ha sviluppato una propria
industria delle energie pulite e che non ha fatto passi significativi verso la
produzione piatta di energia, quella che vuole milioni di microproduttori
generare e consumare energia in maniera armoniosa e bilanciata.
Efficace e pulita. Ha solo sviluppato molte centrali nucleari, mostri
energetici acefali, che producono anche quando non serve. E che non
puo’ spegnere finche’ non ne ha assorbito i costi.
L’ involuzione energetica si e’ accompagnata, e poteva forse essere
diversamente?, a quella della qualita’ della democrazia , della vita
sociale. E anche questo ha grande influenza sui giorni difficili del nostro
inventore.
Questo romanzo e’ il mio modestissimo e infinitesimo contributo ad una
societa’ , quella del nostro Paese, che deve ritrovare le linee strategiche
della propria crescita, sia nei fondamentali materiali quali energia e
acqua, lavoro e ricerca, scuola e formazione, quanto in quelli immateriali
quali la riscoperta del gusto della democrazia, dei valori condivisi, del
rispetto per tutti, dell’eliminazione delle disparita’.
Per questo ho , forse immodestamente, ma col cuore, dedicato il libro a
Indro Montanelli e ad Enzo Biagi.
Un’isola solare che ha realizzato un sogno:
la societa’ dell’idrogeno...
Un’Italia fatta cosi’....
Un fenmeno gia’ visto ......
La vita dura di chi innova.....
Le prime paure.....
L’attacco...
«In questo momento produciamo una bombola di idrogeno ogni dieci secondi. Fanno novanta litri di idrogeno al
minuto, cinquecentoquaranta litri all’ora».
«Siete al massimo?» chiede Chiara.
«No, assolutamente. Il massimo lo raggiungiamo durante le giornate ventose e assolate ma non particolarmente
calde, quando la gente non usa i condizionatori, e nei weekend, quando le poche imprese che abbiamo in Corsica
sono ferme. La produzione di energia è al massimo perché le turbine eoliche girano come trottole, le onde del
mare spingono come bufali imbizzarriti e il sole picchia come un fabbro. Lì si va alla grande, circa una bombola
ogni sei/sette secondi. Dieci bombole al minuto. Ancu più!»
«Caspita, sessanta bombole all’ora, novecento litri».
«Sì, brava. Esatto Chiara» approva il rosso.
«Le bombole laggiù» continua poi Victor «sono pronte per essere caricate sui camion speciali per il trasporto. In
tutto il Capo Corso ci sono nove stazioni di rifornimento che sono i nostri principali clienti. E poi c’è il comune di
Bastia che fa la parte del leone».
Arriva altra birra e si continua a parlare, Cosmi parla pacato, quasi distaccato. Marco e Max lo stanno ad
ascoltare tutt’orecchi.
«Tutti i parlamentari godono di immunità totale. Da ogni colpa. Se un parlamentare oggi sgozzasse un bambino
in mezzo alla strada sarebbe immune da qualsiasi procedimento penale. Intoccabile, sia durante il mandato che
per i dieci anni successivi».
«Perdio ingegnere, ne è sicuro?» fa Marco.
«È così» risponde Cosmi mentre si accarezza la barba «si era partiti immunizzando le alte cariche dello stato tanti
anni fa. E poi si è estesa la cosa a tutto il parlamento. Ora si parla di estenderla anche a livello regionale e
provinciale, moltiplicando il numero degli intoccabili. D’altra parte se un paese riempie il parlamento di
ricercatori molto probabilmente si ritrova all’avanguardia nella ricerca. Se lo riempie di avvocati ...».
«E di pregiudicati» esclama Marco.
«E di pregiudicati. Quelli sono tanti. Di avvocati ultimamente ce n’è meno, sono serviti in passato, adesso non
servono più. Adesso ci sono i trader, gli uomini del GCI».
«I .. che?».
«Mi scusi dottor Zorzini» lo interrompe Mingazzi con tono un po’ scocciato «lei viene da me per propormi una
cosa che non esiste ancora, di cui non conosce ancora il costo, né tantomeno il prezzo, e che ha solo un risultato
certo : andare contro alla nostra strategia energetica. La quale è e sarà basata sull’atomo prima che sul sole. Mi
mette in difficoltà. Spero capisca ...».
«No assessore! Ascolti, l’Italia ...».
«L’Italia, l’Italia! Tutti vogliono parlare dell’Italia, Guardiamo il concreto. Con i nostri contratti e i nostri
investimenti l’elettricità prodotta col nucleare è ciò che dobbiamo utilizzare, non altro. Sarebbe antieconomico. In
più: gas, gasolio e benzina ci costano pochissimo? E allora continuiamo a usare auto a gas, gasolio e benzina!
Perché dovremmo impelagarci con progetti di incerta riuscita, come quello che propone lei?».
«È un modello diverso, più paritetico, orizzontale, democr ...».
«Ma lasciamo stare la democrazia, per favore! L’energia è una cosa e la democrazia un’altra. La gente è
contenta di quello che paga e di quello che ha, se vuole si vada a vedere i sondaggi sul sito del comune. Punto.
Questa è la democrazia, a casa mia.
Fu così che la sua stella cominciò a sorgere, fino al giorno in cui l’amministratore delegato lo chiamò:
«Caro Mink, si segga pure. Mi fa piacere averla qui a quattr’occhi. So che lei è persona brillante e pragmatica,
per cui vado subito al sodo. La sua attività qui è valutata con il massimo dei voti, e non da ora. Ma credo sia
giunto il momento di dirle che per lei ci potrebbe essere un futuro ancora più brillante all’esterno».
«La ringrazio, dottore, lei è troppo buono».
«Ho ricevuto la richiesta dall’onorevole Usci Mangano di mettere i suoi talenti al servizio del partito nella città
di Milano. So che lei è da tempo un simpatizzante».
«È vero dottore».
«Ecco, io lascio a lei la scelta, ovviamente. Posso solo aggiungere che il suo stipendio non cambia, l’azienda le
rimane vicino».
Arno godeva. Era arrivata l’ora. L’ennesimo salto in avanti della sua vita. Godeva nel profondo.
«La ringrazio, dottore» riuscì a dire rimanendo freddo «e ringrazio l’onorevole Usci Mangano. Se posso avere
un giorno per pensarci ... Sa, lasciare questa azienda per me non sarebbe assolutamente facile».
«La capisco Mink, la capisco. Va bene».
Accettò.
«Abbiamo l’impressione di essere già spiati, Tista» fa lei improvvisamente seria. Dai suoi occhi traspare una
preoccupazione che Marco non aveva mai notato prima.
«Ah sì?» si allarma Tista «e cosa ve lo fa pensare?».
Gli raccontano la loro storia recente, ma con loro sorpresa il rifugista li tranquillizza.
«Io propendo per banali ladri o strane combinazioni. Il potere non ama né gli atti illegali di questo tipo né il
rumore che ne può derivare, soprattutto su uno che abitando negli Usa può far casino fuori. Ha ragione Giorgio:
se ti metti su questa strada non ti colpiscono direttamente, ti creano attorno quello che io chiamo il vuoto spinto».
«Il vuoto spinto!».
«Sì, a me l’hanno fatto il vuoto spinto. È il motivo per cui non mi è rimasto nient’altro da fare che fare il
rifugista, comprandomi il rifugio, però».
«Cioè? Che significa?».
Altri due uomini saltano sul trampolino del Fleche mentre sullo yacht si accende un altro faro che illumina a
giorno la scena. Abbagliato da tanta luce Vincenzo non vede più nulla, sente che gli sono addosso, gli bloccano le
braccia dietro alla schiena e gli mettono quelle che percepisce come due manette.
«Quanti siete a bordo?» gli chiede una voce che non ammette titubanze.
«Due, siamo in due, io e mia moglie. Ma cosa volete da noi?».
«Dov’è il carico?».
«Quale carico? Non capisco». Un pugno violentissimo lo centra in pieno stomaco che, con le braccia bloccate
dietro alla schiena, non può difendere. Vede tutto bianco, si piega in avanti mentre cade nel pozzetto. Un dolore
indicibile gli si diffonde per il petto, gli manca l’aria, non riesce a respirare, mentre un altro colpo gli arriva come
una mazzata sul collo.
«Dov’è il carico? Rispondi!».
Vorrebbe rispondere ma non riesce a parlare. Nel frattempo loro sono entrati sottocoperta e sente subito le urla
disperate di Argenta